Le persone che mi conoscono sanno che sono un patito di calcio. Questa passione che ho maturato da piccolo, si era affievolita dopo la laurea, per poi risvegliarsi con l’iscrizione del mio primogenito alla scuola calcio.
Da lì la passione è aumentata specialmente per il calcio non professionistico. Una passione che mi ha portato al progetto pilota coi Delfini Biancazzurri l’anno scorso a Vicenza e ad un impegno regolare con la stessa Società da questa stagione calcistica.
Osservando da vicino gli allenamenti e le partite di questi piccoli atleti mi rendo sempre più conto di quanti traumi i bambini subiscano e quasi sempre passino inosservati. Traumi anche potenzialmente seri che quasi sempre non vengono avvertiti e quindi considerati pericolosi ma che potrebbero essere l’origine di problematiche più gravi col passare del tempo. I bambini sono di gomma si dice spesso ma vorrei invitarvi a riflettere su alcune situazioni di gioco.
Pensiamo ad esempio cosa accade durante un colpo di testa. Alcune simulazioni di colpi di testa effettuati in laboratorio hanno calcolato che una palla a una velocità di 9 m/s (32 km/h) induce sulla testa un’accelerazione di 158 m/s2 (16G) ossia 16 volte la forza di gravità. Valori che salgono a 20 o 30G con una palla che viaggia a 40-50 km/h. Tenendo conto che un pallone taglia 4, quello imposto dalla FIGC per i bambini dagli 8 ai 13 anni, pesa 350-390 grammi, ciò significa che è come se la testa del bambino venisse colpita da una forza che tranquillamente supera i 40kg. Per questo motivo molti genitori americani, tramite un’azione legale, hanno fatto si che la Federcalcio statunitense vietasse i colpi di testa per i bambini sotto i 10 anni e che li limitasse per quelli sotto i 13.
I dati e la ricerca scientifica non lasciano scampo: il colpo di testa è un gesto atletico rischioso, specialmente se consideriamo che la colonna vertebrale, la muscolatura e il sistema nervoso dei bambini in questa fascia di età sono ancora in totale formazione.
Come professionista del campo sanitario ritengo che i rischi ci siano ma che si possano minimizzare insegnando accuratamente come eseguire il gesto tecnico e con controlli chiropratici regolari.
Con quello che vedo accadere durante partite ed allenamenti sono sempre più convinto che il chiropratico debba essere presente in ogni squadra di calcio indipendentemente dalla fascia d’età dei giocatori. Il chiropratico difatti non si occupa solo di facilitare la guarigione da eventuali infortuni correggendo le sublussazioni della colonna, ma ancor più importante, tramite controlli ed eventuali aggiustamenti specifici (manipolazioni) cerca di garantire un sano e corretto sviluppo.
Non sarà sicuramente un caso che i bambini che ricevono cure chiropratiche regolarmente si ammalano di meno degli altri. Come sapete ho tre figli che oltre a non ammalarsi quasi mai, non hanno mai dovuto assumere alcun antibiotico o medicinale e così, vi posso garantire, anche i figli di moltissimi miei colleghi.
Semplice fortuna? Non credo!
Bibliografia
Kids First: Health with No Interference, del Dr. Ogi Ressel, Square one publishers.
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